Nella propria carriera professionale molti terapisti si saranno imbattuti in pazienti che avevano bisogno di un supporto per depressione: dopo qualche seduta però ci si rende conto che il problema vero non era quello che pensavate: in poche parole, non era ciò che sembrava.
Di frequente ci si trova davanti a persone che vivono un malessere, sono carenti in ambito motivazionale e vivono le situazioni della quotidianità in modo passivo, biasimandosi o convincendosi di essere “depressi” senza però guardare davvero in faccia la realtà. In tanti casi la diagnosi parla di altro e non è raro che alla radice vi sia bassa autostima, inadeguatezza accompagnata da un atteggiamento remissivo verso il mondo esterno.
I pazienti celano, almeno inizialmente, questo lato nascosto che però emerge dai primi confronti e dai racconti durante le sessioni. Si ripetono i passaggi in cui si palesano sensazioni di incapacità nel realizzarsi, nel sentirsi inferiori e di non affermarsi come si vorrebbe: nascono così insicurezze e convinzioni nocive per l’individuo che crea uno stile di vita rafforzato da queste le quali alterano inoltre una percezione diversa della realtà e della vita in società: si è alle prese di convinzioni imprecise e improduttive che portano le persone a vivere una vita molto al di sotto del loro potenziale.
Incidono gli episodi in età infantile (sensazione di non considerazione per esempio), un genitore aggressivo o fin troppo severo. Sono elementi che pongono le basi per farci sentire dei perdenti, di essere destinati a fallire. Questo tipo di conclusioni porteranno a cercare inconsciamente delle prove che supportino le convinzioni errate: di fronte a un fallimento o a qualcosa che non va come vogliamo ci si aggrappa al rafforzamento delle convinzioni negative.
Al contrario, di fronte a dei successi si ricorre a trovare spiegazioni che attribuiscono gli esiti positivi a fattori esterni, come la fortuna: questo atteggiamento è sicuramente da equilibrare. In questo modo si perde un’occasione per godersi il successo e apire che si hanno della capacità varie potenzialità e una base da cui partire per invertire rotta. Ignorare i successi e ingrandire gli errori invece altera ogni percezione oggettiva degli eventi e delle cose che ci circondano.
Partire da un atteggiamento negativo impedirà di riconoscere l’importanza di ciò che si sta facendo. Invece, accade molte volte che un paziente con questa tendenza si concentri sui propri insuccessi e non fa altro che attenderli per avere una ulteriore prova che non sia abbastanza preparato o all’altezza del compito, di un ruolo o incapace di prendersi una responsabilità.
Credere fermamente in qualcosa di sé stessi con accezione non positiva non lo rende vero ma c'è una buona possibilità che lo si faccia diventare realtà in modo subconscio: ciò di cui siamo convinti influenza l’interpretazione degli eventi e la loro lettura, come ci si sente e come ci si comporta. Per la maggior parte del tempo, quelle convinzioni si trasformano in profezie che si auto-avverano, sembra che non si aspetti altro il non-lieto fine.
Se non si è grado di poterlo affrontare, ciò complicherà l’uscita dalla zona di comfort. Non meno importante è invece l’atteggiamento sociale verso gli altri: se si è timidi e si cade troppo facilmente nell’imbarazzo, nascono ostacoli per la nascita di nuovi legami e per instaurare rapporti interpersonali; il tutto condizionerà l’idea di essere in grado di avere le capacità per conoscere persone.
Il vero sforzo è quello di prendere di petto le proprie convinzioni mettendole alla prova, in discussione, per vedere se sono vere con un esercizio comportamentale semplice: se si ha difficoltà nel fare amicizia o creare rapporti, occorre chiedersi “Cosa farei se fossi socialmente esperto?". Il meccanismo che si attiva è quello del "agire come se" per far emergere un lato della propria personalità o per iniziare a plasmarlo. Allo stesso modo, se si notano persone spigliate e più socievoli, è importante carpire i meccanismi che adottano e come si comportano con gli altri; se ci sono persone sconosciute (una cena tra amici, un compleanno, un’occasione di ritrovo) è opportuno iniziare a conversare.
Un altro esercizio, più pratico, consiste nell’individuare e isolare le prove che annullano le convinzioni autolimitanti, rendendole non vere, scrivendo su un foglio i motivi per cui la tua convinzione non va accettata per quello che è: si va alla ricerca delle eccezioni, di un qualcosa che fa scattare un’analisi diversa rispetto alla solita. Ciò aiuta anche a maturare uno spirito critico che deve ribaltare quanto ci si porta dentro.
Bisogna ragionare in una prospettiva di raggiungimento di un potenziale che abbiamo sicuramente e che può essere raggiunto.
Le proprie convinzioni, piuttosto che le reali mancanze di capacità, potrebbero essere il più grande ostacolo tra la vita che si vive e quella sognata, quella teorica, quella che è spesso frutto di aspettative non plausibili. Occorre sviluppare la forza mentale necessaria per superare le convinzioni autolimitanti al fine di perseguire e ottenere una nuova dimensione, lasciandosi alle spalle abitudini e dinamiche nocive per il proprio futuro. La forza mentale va allenata e attivata: ci vogliono degli inneschi, si è chiamati a mettersi alla prova e a non rimanere in un angolo. Il cervello abituato a non effettuare alcuni sforzi per cambiare le cose è un cervello che va stimolato: una sorta di inattività che deve essere combattuta e che richiede il supporto di un professionista esperto come guida di un percorso verso la positività.
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